A volte mi
accorgo di utilizzare termini tecnici che forse a qualcuno risultano un
po’ “arabo”.
E me ne scuso.
Oggi voglio quindi tornare sull’argomento “stop loss”, due
termini che ormai si trovano dappertutto, importantissimi, ma che
difficilmente entrano nella nostra operatività quotidiana e che invece
dovremmo scolpire nella zucca a colpi di
punteruolo.
La traduzione dall’inglese è semplice: stop alle perdite.
L’idea di questa regola è facile: se hai aperto una posizione e
questa sta andando male probabilmente (no, sicuramente) hai sbagliato.
Meglio chiuderla in perdita, accettare l’errore, e andare avanti per
un’altra strada.
Nella stragrande maggioranza dei casi succede il contrario e si tengono
in mano posizioni che diventano in seguito ingestibili (per esempio
Bipop a 5€, Fiat a 15€ e chi più ne ha ne metta).
Applicare lo stop loss porta tre grossi vantaggi:
- ti permette di contabilizzare una minusvalenza limitata. E una piccola
perdita si recupera in brevissimo tempo;
- psicologicamente la mente è libera e ti permette di fare nuove
operazioni senza l’assillo di dover recuperare le perdite virtuali che
ogni giorno la testa ricalcola come un computer;
- con il controvalore liquido puoi decidere di muoverti su un nuovo
titolo che probabilmente ha più probabilità di guadagnare rispetto al
precedente.
C’è una
grossa obiezione: e se dopo aver venduto l’azione riprende a salire?
C’è il rischio di rimanere cornuti e razziati?
No, perché in quel caso si ricompra la posizione.
I titoli non mancano mai e l’importante è essere sempre dalla parte
giusta: dentro se si sale, fuori se si scende.
Tutto è
molto semplice e indubbiamente vantaggioso ma pochi seguono questo
insegnamento.
Il motivo è semplice: il nostro ego interno, quella vocina che ci
suggerisce cosa fare e cosa non fare, non ci permette di riconoscere di
aver sbagliato.
Preferiamo addossare l’errore all’addetto di banca, alla mancanza di
tempo, al mercato che è dominato dalle mani forti, al governo
Berlusconi ma è troppo difficile battersi il petto e recitare il mea
culpa.
Senza dimenticare che anche una piccola perdita è sempre un boccone
amaro da digerire.
Purtroppo rischia di diventare peritonite se non si interviene per
tempo.
Nel
sito che gestisco trovate un’esperienza concreta.
Si era deciso di comprare azioni Benetton.
Dopo due sedute si era in perdita del 5%.
Fortunatamente ho deciso di vendere, seppur in rimessa.
Se avessi tenuto duro sarei ancora sotto del 25% perché dal prezzo di
8,16 euro a cui ho chiuso,
Benetton è riuscita a sprofondare fino a 6E.
Invece, dopo aver liquidato, con altre due operazioni si è riusciti a
tornare in pari e a ottenere un discreto guadagno.
Dopo averne viste di cotte e di crude vi esorto ad utilizzare questi
benedetti stop: non ve ne pentirete!
Franco
Meglioli -tratto dal settimanale Reporter
del 14/03/2003 |